Ho incontrato Gianni Berengo Gardin per una seconda intervista, prima dell’estate. L’emozione si rinnova, e la disponibilità del grande Maestro della fotografia documentaria, anche. Questa volta desidero approfondire il tema delle Grandi Navi molto caldo per la città di Venezia.

Gianni Berengo Gardin

Di cosa si tratta, esattamente? Nel bacino di San Marco è uso comune il transito delle grandi navi da crociera, che con la loro imponenza (fino a 15 piani di altezza) sovrastano pericolosamente la preziosissima architettura storica di palazzi e chiese veneziane, mettendone a rischio l’incolumità.

Quali sono i rischi effettivi?

-L’erosione delle fondamenta degli edifici ;

-L’inquinamento dei fondali marini;

-L’inquinamento visivo .

Gianni Berengo Gardin

Dal 2012 in avanti si è snodata una lunga vicenda legale e una battaglia del Comitato No Grandi Navi, volta a trovare un’alternativa che eviti lo scempio di Venezia. Anche il FAI è ovviamente coinvolto i questa questione fondamentale per l’ambiente e per la preservazione del patrimonio artistico.

Ma non solo: ciò che viene messo in luce è anche il tema del flusso del turismo incontrollato, quel turismo becero e inconsapevole che rischia di causare danno alla bellezza dei luoghi nei quali transita, spesso senza cognizione di causa della loro identità e della loro importanza.

Potete approfondire l’argomento alla pagina del Fai dedicata.

Gianni Berengo Gardin ha portato il suo contributo attraverso quello che è il suo strumento: la documentazione, esaltata dalla nettezza del bianco e nero della sua fotografia, che ne aumenta in qualche modo anche il rigore.

Ero turbato soprattutto dall’inquinamento visivo. Vedere la mia Venezia distrutta nelle proporzioni e trasformata in un giocattolo, uno di quei suoi cloni in cartapesta come a Las Vegas mi turbava profondamente”.

 

Ecco cosa mi ha raccontato Gianni Berengo Gardin, nel corso della nostra bella intervista. Venezia, le Grandi Navi, l’Occhio testimone del fotografo, la comunicazione, la Bellezza, e l’importanza del muoversi con lentezza.

Gianni Berengo Gardin
Gianni Berengo Gardin nel suo studio di Milano

Mi può parlare di Venezia, del suo rapporto con la città, e di come è stato trasposto negli anni fotograficamente?

 Io non sono nato a Venezia, sono nato per caso in Liguria, perché mia mamma gestiva un albergo a Santa Margherita Ligure, però papà era veneziano, noi eravamo veneziani da sempre, e mia moglie è veneziana, i miei figli sono nati a Venezia…quindi sono legatissimo a Venezia.

Abbiamo avuto un negozio in Calle Larga a San Marco perlomeno per 100 anni, per tre generazioni, e quindi il mio rapporto con Venezia è strettissimo.

 

*Qual è secondo lei l’anima di Venezia, di questa città che è necessario tutelare?

Venezia è una città fragile, delicata, con questo turismo di massa che riempie in modo pazzesco le calli…va tutelata…adesso non so, parlano di molti progetti tutelati, non so quale andrà in porto.

Ma quando abitavo io a Venezia, nel ’60, eravamo 145 .000 abitanti, adesso sono 40.000.

Allora non c’era quasi nessuno, adesso la città è strapiena di turisti. Quindi è un controsenso: allora eravamo tanti di più, ed era una città vivibile, adesso sono pochi, ma c’è un’invasione di turisti che rende la città invivibile.

 

*Se guardo le sue fotografie scattate a Venezia, parlano di semplici momenti di vita quotidiana, e al tempo stesso riflettono la bellezza elegante, quasi superba, di Venezia. Se poi passo a guardare le fotografie sulle Grandi Navi, la sensazione è quella dell’arrivo di un mostro marino che aggredisce una creatura vivente…

 La prima cosa che mi ha scioccato è stato l’inquinamento visivo: come fotografo la prima cosa che mi ha colpito è stato l’inquinamento visivo. Poi naturalmente ci sono tutti gli altri inquinamenti: l’inquinamento atmosferico, l’inquinamento che muove i fondali della Laguna in Piazza san Marco….esiste questo comitato Grandi Navi di Venezia, che non vuole assolutamente le navi, ma non è che non voglia le navi a Venezia: vuole solamente che non passino in bacino San Marco, che facciano un altro giro per arrivare al porto. E bene o male dà lavoro a 4000 persone, e quindi non è giusto che perdano il lavoro, queste 4000 persone. I veneziani non vogliono che passi davanti a San Giorgio, alla punta della Dogana, e a Palazzo Ducale, perché è un pericolo costante, oltre a inquinare…è un pericolo costante, perché se succede una disgrazia come a Genova, che una nave ha perso il controllo ed è andata a sbattere contro la torre, ha demolito la torre….a parte gli 8 morti che ha fatto, ma è una torre moderna che si ricostruisce, e tutto finisce lì. Se demoliscono o Palazzo Ducale, o San Giorgio, o la punta della Dogana, poi si possono rifare, ma non sono più l’originale, sono un’imitazione. Già in passato è avvenuto che una nave aveva perso il controllo, ma allora erano navi piccole, ora sono dei mastodonti. Sono il doppio di altezza di Palazzo Ducale, il doppio di lunghezza di Piazza San Marco.

 

*Ha già risposto alla mia domanda, che sarebbe stata una domanda retorica, però volevo sapere da lei, come questi mostri fanno del male a Venezia, e mi sta rispondendo.

 L’unica cosa che insiste il Comitato No Grandi Navi è che facciano un altro giro, non è che non vogliono che vengano a Venezia: che facciano un altro giro per arrivare al porto, e non passino in Bacino San Marco e nel Canale della Giudecca.

 

*Crede che, in modalità diverse, accada anche in altri luoghi ciò che si verifica a Venezia?

 No, penso perché altri luoghi hanno porti moderni e non passano nel centro storico. Venezia è una città, come dicevo prima, fragile, delicata, e sono dei pericoli costanti, soprattutto per Venezia. Le altre città non so se hanno dei problemi, più o meno, ma penso che non ne abbiano.

 

*La domanda era riferita però non solo alle città portuali, ma in generale. La domanda specifica è: se e quando si produce allo stesso modo un inquinamento visivo in altri luoghi, secondo lei.

 In altri luoghi c’è l’inquinamento visivo dei grossi pullmann…in alcune città, penso a Firenze, a Roma…ma non sono io che devo parlare delle altre città, perché non conosco i problemi seriamente come lo conosco a Venezia.

 

*Il fatto che la mostra sulle Grandi Navi sia stata ospitata da sede Fai mette in luce l’importanza della tematica, sia a livello ambientale, che a livello del patrimonio artistico, oltre che, ovviamente, data anche l’importanza, il peso del fotografo. In che modo l’occhio testimone della fotografia può farsi strumento di denuncia, e con quale apporto può contribuire?

 Io ho denunciato il fatto, non sta a me risolverlo. Sta a chi è più competente di me. Che la fotografia sia un atto di denuncia importante lo dimostra il fatto che il sindaco ha proibito la mostra, ha vietato venti giorni prima della mostra, che doveva essere a Palazzo Ducale, già pronte le foto, già pronto il catalogo, il libro, ha vietato questa mostra. La mostra è stata fatta egualmente, perché una quantità di persone incredibile si è offerta di ospitare, appena hanno saputo che il sindaco la censurava, di ospitare la mostra. Abbiamo scelto il FAI, il Fondo Ambiente Italiano, che in Piazza San Marco, anzi ancora meglio di Palazzo Ducale, Piazza San Marco, questo è un negozio –museo fantastico, fatto da Carlo Scarpa, dall’architetto Carlo Scarpa, che è visitato da tutti gli studenti di architettura del mondo…e quindi la mostra ha avuto un grande impatto. Si figuri che nei primi tre giorni ci sono stati 1500 visitatori. Ma 1500 visitatori a pagamento – non era gratuita, era a pagamento – e malgrado questo, ha avuto un grande successo.

 

*Quindi diciamo che la collaborazione fra la fotografia e ad esempio gli enti che si occupano di tutela del paesaggio, e di tutte le tematiche sociali e ambientali, può essere davvero molto importante. La domanda successiva è collegata: come si può arrivare al cuore e alla coscienza delle persone, attraverso quello che è un lavoro con le parole visive, diciamo così: lei è d’accordo con questa definizione?

 Con le fotografie, ci si arriva. Perché anche foto non di denuncia delle navi come in questo caso – quando ho fatto i manicomi con Franco Basaglia, gli zingari con Gunter Grass, e tante altre foto di denuncia, hanno ottenuto uno scopo proprio perché il pubblico, il grosso pubblico, è interessato dalle immagini.

 

*Quindi la fotografia in se stessa rappresenta la via diretta per raggiungere le persone. Vede un parallelo fra il turismo famelico di massa e l’abbuffata di immagini, anche di strumenti di comunicazione, che ci sono in epoca contemporanea?

 Oramai si fotografa tutto e di più col telefonino, si fanno molte fotografie col telefonino, si fanno i selfie, che sono orribili…solo per dimostrare che si è stati in quel posto o con quelle persone. E’ una situazione che è criticabile perché mostra il narcisismo: siamo tutti un po’ narcisisti, anch’io sono narcisista, ma non sono narcisista a quel punto di farmi ogni dieci minuti un “self” ovunque io sia.

 

*Quanto è importante muoversi con attenzione e lentezza, sia nella vita che di conseguenza nella fotografia?

E’ importante, è basilare.

Gianni Berengo Gardin
Gianni Berengo Gardin, nel suo studio di Milano

 

*Ho letto da qualche parte che lei dice che mentre un tempo le capitava di cancellarle, ora conserva tutte le fotografie che scatta.

 Sì, ho i provini di tutto quello che faccio, mentre con il digitale si guarda sul computer, e si stampa pochissimo, Quindi il digitale è un pericolo per gli archivi, che non esisteranno più, e quindi poi cambieranno anche i mezzi di lettura del digitale, e non sappiamo come andranno a finire le nostre foto fatte in digitale. Per questo io continuo rigorosamente a fare pellicola, perché la pellicola è qualcosa di concreto, che rimane, e rimarrà nel tempo.

 

*Quindi lei è sempre dell’idea che uno scatto che magari al momento può non convincerla, lasciandolo sedimentare nel tempo. Per questo è importante – vediamo se ho capito bene – scattare di meno, e quindi con criterio, con attenzione.

 Esatto, pensare con la testa prima di fotografare, e poi fotografare quello che è indispensabile fotografare, e soprattutto archiviarlo con stampe e non solo con il digitale.

 

*In questo modo scatti nati in questo modo varranno comunque la pena di essere conservati.

Lei ha ritratto molti luoghi, in Italia e nel mondo: crede nell’anima dei luoghi? Crede che i luoghi, le città, abbiano un’atmosfera peculiare?

 Io non credo nell’anima nemmeno dell’uomo, figuriamoci se credo nell’anima delle città…

 

*“Anima” forse è un termine un po’ abusato…intendo dire…

 La sensibilità dell’uomo? Mah, non so…sì.

 

*Mi riferivo all’atmosfera peculiare di un luogo, di una città…

 Ma certo, ogni città ha la sua atmosfera, la sua “anima” tra virgolette…tra virgolette.

 

*Questa atmosfera lei in cosa la riconosce, in genere, e come poi emerge, nella sua fotografia?

 La riconosco nelle fotografie che vedo di fotografi bravi che l’hanno fotografata.

*Ma quando è lei, a scattare?

 Mah, dipende da cosa scatto per far capire alla gente che è un posto straordinario.

 

*Cos’è la bellezza, per lei? La fotografia può essere strumento di bellezza?

 Mah, la bellezza per me….è tutto relativo, perché quello che per me è bello per un altro  brutto. Ognuno ragiona con la sua testa,e  ognuno attribuisce dei valori a certe cose piuttosto che ad altre. Non c’è una regola, una regola fissa. Ognuno pensa a suo modo, sul bello e sul brutto.

 

*Sì, infatti la domanda era: qual è per lei. Però mi rendo conto che è sempre variabile…credo.

 Sì, perché certe cose per me…per esempio, i fiori: tutta la gente ammira i fiori, io non li sopporto, i fiori. E’ bello o brutto, un fiore? E’ un fiore: dipende da chi lo guarda, come ragiona con la sua testa.

 

*In questo momento a Roma è in corso una retrospettiva sul suo lungo lavoro: mi potrebbe dire quali sono state finora la parole chiave delle spinte che l’hanno guidata nel suo lavoro?

 Mah, il lavoro, le spinte…un po’ il sociale, un po’ il geografico, i paesaggi…io ho lavorato per tanta industria, IBM, Ansaldo, Olivetti…per tanti architetti, e quindi…ci sono tante spinte, vari tipi di ricerca fotografica, alcune commissionate, alcune scelte da me, ma a Roma sono esposte quasi tutte, dagli zingari, alla ricerca con Franco Basaglia, ai paesaggi, alle varie nazioni che ho visitato. E’ una mostra retrospettiva, e quindi raccoglie tutti i miei principali lavori, compreso le Grandi Navi.

 

*Che emozione suscita ripercorrere tutta la storia del lavoro fatto finora, della strada fatta finora?

 A me non emoziona, perché l’ho fatto, lo conosco. L’importante è che emozioni chi la guarda.

Mi han detto che è stata, di tutte le mostre che ci sono in Italia, di pittura, di fotografia, di arte in genere, è stata la quarta mostra più visitata, e quindi per me è una grande soddisfazione, che ci sia un pubblico così folto.

 

*Quali sono i progetti attuali?

 Non ho progetti. Mi riposo. Ho dei progetti, ma sono solo allo stadio progetto, e quindi non so se lo realizzerò o no, e quindi per scaramanzia non glieli dico.

Ancora una volta grazie a Gianni Berengo Gardin per la preziosa condivisione e l’accoglienza nel suo studio di Milano.

 

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Qui potete leggere la mia prima intervista con Gianni Berengo Gardin.

 

Gianni Berengo Gardin
Gianni Berengo Gardin nel suo studio di Milano

 

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