Una delle proposte sicuramente più interessanti nell’ambito della edizione 2017 del Festival del Teatro di Santarcangelo, con la nuova direzione artistica di Eva Neklyaeva, è stato il museo temporaneo Museum of Nonhumanity, progettato dall’artista Terike Haapoja e dall’autrice Laura Gustafsson, entrambe di origine finlandese.
La particolarità di questo progetto, del quale auspico una sempre maggiore diffusione a livello internazionale, è il modo nel quale vengono trattati argomenti di fondamentale importanza come la schiavitù e la sopraffazione: da parte di una razza umana sulle altre, e di una specie vivente (quella umana) su un’altra (quella animale).
Il tema è il confine immaginario che è stato avallato per giustificare vergognosamente la supremazia di esseri viventi su altri loro eguali, umani come animali.
Se in un’epoca storica non troppo lontana ciò che oggi viene considerato un abominio era accettato a livello politico e sociale, come il fatto che alcuni uomini e donne fossero schiavi, sottomessi, passibili di ogni sorta di violenza da parte di altri, uguali a loro se non per l’origine razziale, il colore della pelle e i tratti somatici, nel nuovo millennio l’Amore non è ancora la religione universale.
Oggi infatti continua a essere perpetrata una schiavitù che esiste dai tempi dei tempi, quella degli esseri umani sugli esseri animali, mentre un genere umano, quello femminile, viene ancora discriminato e spesso violentato, nel senso ampio del termine.
Ho trovato innovativa ed estremamente significativa l’estensione del tema affrontato dal progetto, che fa parte di History of others (a cura di Terike Haapoja), al pressante problema dello specismo in ambito animale: emerge molto chiaramente, portando semplicemente l’evidenza del parallelismo dei fatti che coinvolgono gli esseri umani e gli esseri animali, come la violenza e la divisione non facciano alcuna differenza fra un essere vivente e un altro. C’è sempre stato bisogno di appoggiarsi a una giustificazione che distingua arbitrariamente chi è umano da chi si stabilisce che non lo sia.
Se l’attribuzione di “non umanità” è una colpevole discriminazione quando sancisce la separazione di un essere umano da un altro essere umano, nel caso del confronto fra esseri viventi di specie umana con esseri viventi di specie animale, interviene un altro fattore: l’antropocentrismo, che definisce la specie umana “superiore” a quella animale, e non solo; l’essere umano, unico fra tutte le specie viventi, si è arrogato il diritto di possesso e di distruzione su qualsiasi altra forma di vita del Pianeta Terra, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, nella quotidianità delle nostre esistenze.
Nel Museum of NONHUMANITY ci si aggira fra pannelli che parlano in silenzio – attraverso testi e immagini di grande impatto – descrivendo la storia dello schiavismo, della discriminazione, dello specismo, odioso concetto che racchiude tutti gli altri.
Ci si può sedere, e rimanere in ascolto, per poi cambiare posizione, passando a leggere un’altra storia, raccogliere un altro spunto, passare da un’epoca a un’altra. Il viaggio rimane lo stesso: quello di una storia dalla quale, attraversato lo sdegno, possiamo attingere per creare scenari nuovi, di unione, armonia e bellezza, nella direzione opposta a quella seguita finora.
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Il Museum of Nonhumanity è stato allestito per la prima volta a Helsinki nel settembre 2016, per poi viaggiare alla Momentum Biennale a Moss, in Norvegia, nel giugno 2016, e infine a Santarcangelo di Romagna a luglio 2016, dove in concomitanza con il Festival Internazionale del Teatro è stato organizzato un calendario di incontri e proiezioni a tema.
http://www.museumofnonhumanity.org/
www.historyofhothers.org
Questo museo è davvero da visitare, ma presumo ci sia da prepararsi il pelo sullo stomaco! Tuttavia, un tipo di installazione molto più sensata dei musei della tortura e forse anche dei musei dell’olocausto. Grazie per avermelo fatto conoscere
Ciao Sabrina, sì: è un progetto da conoscere ed esplorare, facendo scorta di coraggio.
Si tratta però di un museo temporaneo, il che significa quindi che viaggia di luogo in luogo: io ho promesso, con grande gioia ed entusiasmo, di attivarmi per trovare nuove “case temporanee”, attraverso cui portarlo all’attenzione di sempre più persone….vi terrò aggiornati! 🙂
Hai fatto benissimo a visitare questo museo. Molto interessante. Mi hai fatto venire in menti le storie dei raccoglitori di cotone nelle piantagioni in America che ho visitato l’anno scorso. Ancora oggi comunque non abbiamo superato caste, supremazie razziali, o basti pensare agli allevamenti intensivi degli animali. Siamo lontani anni luce da far finire tutto questo anzi mi sembra che stiamo tornando indietro.