(aprile-marzo 2016)
* prosegue dalla puntata precedente *
Il viaggio con il taxi collettivo da Agadir a Mirleft è più comodo grazie all’accortezza di Abdou, che ha pensato di prenotare per noi tre (lui, me e Aurore), tutta la parte posteriore del taxi, in genere stipata da più persone. Lungo il viaggio ci coglie uno dei momenti più suggestivi della giornata: il tramonto.
Mirleft è una cittadina del sud del Marocco, distante 140 km da Agadir, nella provincia di Sidi Ifni. Qui saremo ospitate nelle giornate del Festival cinematografico al quale collaboreremo.
Arriviamo verso sera, e veniamo portate al residence dove saremo alloggiate: è gradevole, e sembra pulito. A cena, nel bar dove consumeremo tutti i pasti dei giorni a venire, dalla colazione fino alla cena, facciamo conoscenza con Thea, musicista tedesca, e Olimdjon detto Jon, performer di origini russe, che raccontano di aver viaggiato sullo stesso bus, da Marrakech a Mirleft, senza immaginare di essere entrambi coinvolti nel festival. Sono simpatici e interessanti, e seppure sia stanca, mi trovo a mio agio, e inizio a percepire l’adrenalina delle esperienze nuove di zecca.
Nei giorni successivi avrò modo di assaggiare le strade di Mirleft, cittadina assonnata che non conosce molto turismo, e che ha l’aria di essere una via di mezzo fra una versione araba del far west e una cittadina della provincia emiliano romagnola in salsa speziata. Polverosa, con gli occhi incispati da una sonnolenza che sembra pervaderla dalla mattina alla sera, offre qualche sparuto negozio di alimentari e prodotti locali (in gran parte a base di argan…più tardi scoprirò che bisogna fare attenzione a distinguere fra i prodotti che lo contengono davvero, e quelli diluiti ) gestito da persone del posto, e altri, di abiti, bigiotteria e oggettistica anche da occidentali, all’apparenza francesi.
Qui, a pochi passi, ruggisce l’Oceano, e la sua fragranza aleggia fra le polveri delle strade, che sembrano far finta di non avvedersene.
Ci sono archi lunghi, del colore di conchiglie rosate incrostate dal tempo trascorso da quando sono state colte dalla spiaggia, e sotto di loro occhi che osservano, evitando di farsi osservare.
Camminando sembra di sentire echi di voci che parlano piano, come si usa fare per un pettegolezzo raccontato con la mano accostata alla bocca, a fare da paravento alle parole.
Spazi fantasma paiono le lavagne sporche di ombre di gesso di un’aula abbandonata per le vacanze estive, o meteoriti di pensieri caduti per caso in questo lembo di terra.
Le terre brulle allargano le braccia nella direzione del corpo blu dell’oceano, che occhieggia sull’orizzonte indefinito, come il tremolio di una fiammella.
Quando, un giorno, mi affaccio dalla finestrella del residence, incontro l’imbrunire, e mi sembra di essere una Alice ruzzolata in una dimensione metafisica.
Gli sguardi sono lanciati come piccoli boomerang, ma per un atavico timore non tornano indietro fluidamente; rimbalzano, senza soffermarsi il tempo necessario per un incontro.
L’antico forte militare di Tidli, che guarda dall’alto le piccole e povere case dell’abitato di Mirleft, ha il sapore di un picnic ad Hanging Rock, visto da lontano.
Nel ricordo resta il blu, come segno promemoria sulla busta di una lettera in eterna attesa di essere spedita.
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Puntate precedenti del viaggio in Marocco:
- Solcando il Marocco – Prologo
- Il Sapore di Marrakech
- Jardin Majorelle, il giardino dipinto
- Gli incontri: Antonia a Marrakech
- Gli incontri: a casa di Lhssen ad Agadir – il rituale del the alla menta