Ho gustato le mie giornate più serene e intense camminando con lentezza, al ritmo che mi è proprio, senza farmi problema di orari, urgenze, progetti a breve termine. Almuñécar mi saluta con il lucore della sua pelle. Io le sorrido, pronta a tenderle la mano per afferrare le sue braccia, facendomi condurre lungo le arterie della sua vita quotidiana.

Scivolo senza fretta lungo le sue strade, aguzzando i sensi per catturare tutto ciò che possa parlarmi di lei. Passo di fianco al mercato comunale, e inizia la danza della sinestesia: il mio naso ascolta gli afrori di cibo, le mie orecchie annusano la cantilena dello spagnolo parlato da due uomini che chiacchierano fra loro, i miei occhi toccano le macchie della strada consunta dalla vita quotidiana; è un attimo, e subito riaffiorano sensazioni provate durante altri periodi trascorsi in Spagna. Ricordo quali odori, che tipo di musicalità e ritmo del vivere quotidiano comporti la vita qui. E’ qualcosa di molto materico, simile alla sensazione di quando si hanno le mani in pasta, nel vero senso della parola. Come quando una persona ci si para davanti con la ferma intenzione di farsi conoscere, e per questa nota così vibrante della sua personalità, fa sì che si spalanchino, volenti o nolenti, tutti i nostri cinque sensi.

 
 
 

 
 

Questi sono i primi passi in questa provincia di Spagna.
Colgo canticchiando sottovoce le prime immagini che mi si offrono come frutti maturi che attendono di essere colti dal ramo.
Finestre sul consumarsi dei suoi giorni, e sulla sua peculiare beltà.
 
 

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