È nota, fra chi mi conosce e chi legge ciò che scrivo, la mia profonda ammirazione per Moni Ovadia, che seguo fin dai tempi in cui l’ho incontrato al liceo classico che frequentavo a Milano, dove lui venne per parlare agli studenti.

Non ricordo bene se all’epoca avessi già avuto modo di assistere al suo spettacolo cult Oylem Golem, ma è certo che la mia stima per un personaggio di cultura di tale spessore, e soprattutto per l’essere umano di profonda intelligenza e sensibilità quale è, non è mai venuta meno, accrescendosi anzi con la maturità.

In Dio ride. Nish Koshe. (che in yiddish si traduce con un ironico“così così”), Moni Ovadia torna a incarnarsi in Simkha Rabinovich, l’ebreo errante del quale condivide le radici e l’ironia sagace, e, accompagnato da un ensemble di cinque musicisti (componenti della Moni Ovadia Stage Orchestra), condivide narrazioni e riflessioni che attingono inevitabilmente al nuovo panorama contemporaneo, nel quale tanto e poco al tempo stesso è mutato, rispetto ai temi più urgenti per l’umanità.

Dio - ride - Moni - Ovadia
Foto di scena di Umberto Favretto

Moni Ovadia porta sulla scena attraverso le parole l’immagine dei muri che separano gli esseri umani, con un’energia di propositiva scossa alle coscienze. Alle sue spalle scorrono le immagini dell’agire di quell’ebraismo ortodosso che rende amare le parole di Moni Ovadia.

Un viaggio nella spiritualità umoristico – paradossale: così Moni Ovadia presenta il suo nuovo spettacolo, con una definizione che calza i frutti del suo lungo percorso artistico, culturale, umano; perché in Moni Ovadia l’intreccio è sempre presente e pressante, e attraversa la necessità di portare conoscenza e coscienza – consapevole dell’affinità non solo ortografica dei termini – a chi accetta l’invito di sedersi di fronte a lui, in ascolto.

Nel corso dello spettacolo le storielle yiddish, che pungolano la mente con freddure pungenti che racchiudono la sintesi di messaggi ben precisi, si alternano alle considerazioni di Moni/Simkha Rabinovich e agli intermezzi musicali di trascinanti melodie klezmer, che evocano l’errare del popolo ebraico e la malinconia che lo pervade.

 

Forse Dio ride perché sa che arriverà un tempo in cui tutto ciò che l’umanità vive in questo momento sarà raccontato in una storiella yiddish come il più inverosimile degli scenari che la nuova umanità possa contemplare, dall’alto della sua rinnovata unione.

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Piccolo Teatro Grassi
dal 2 al 14 ottobre 2018
Dio ride
Nish Koshe

di e con Moni Ovadia
e con le musiche dal vivo della Moni Ovadia Stage Orchestra: Maurizio Dehò, Luca Garlaschelli, Albert Florian Mihai, Paolo Rocca, Marian Serban
luci Cesare Agoni, Sergio Martinelli
scene, costumi ed elaborazione immagini Elisa Savi, progetto audio Mauro Pagiaro
regia Moni Ovadia
produzione CTB Centro Teatrale Bresciano e Corvino Produzioni

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