Una scatola di rimandi che crea un’occasione di meta teatro: questo è Elvira, di Brigitte Jacques, in scena al Piccolo Teatro Grassi con la regia e l’interpretazione di Toni Servillo.

Elvira
foto di Fabio Esposito

Una lezione non solo di arte teatrale, ma anche di un attraversare il mondo, che è imprescindibile materia vivente del teatro stesso.

Un regista-insegnante maieuta, Louis Jouvet, e la sua allieva attrice, provano il monologo del personaggio di Elvira nel Don Giovanni, che diventa occasione, nel corso di quadri scanditi dalle sette giornate di lezioni – prove, per riflessioni che affondano in un discorrere interiore  in forma di dialogo sul tema dell’espressione dell’anima.

Fuori dalle aule – limbo del Conservatoire di Parigi, il nazismo intanto stringe la sua morsa.

Elvira
foto di Fabio Esposito

Cosa può essere, il personaggio dramatis personae di Elvira, se non un ologramma di carne e ossa che indossa il corpo fisico solo per palesare la sublimazione del proprio amore per Don Giovanni?

Claudia, l’attrice, si fa veicolo. Si fa, perché non è, ma deve plasmarsi, come per accogliere nel ventre il feto di un bambino: per dirla con le parole di Jouvet, bisogna che “sottometta il proprio corpo a una preparazione”; un processo che passa attraverso l’unione fra una stanislavskiana necessità di sincerità del personaggio, con l’attore atleta del cuore di Artaud.

Il teatro come elemento di spiritualità, come fonte e nutrimento di un’attitudine inevitabile verso quella dimensione che va oltre il contingente, ma che è da esso inscindibile: questo è ciò che il regista vuole passare alla sua allieva, allevandola nello sviluppare e portare fuori di sé quell’incandescenza emotiva senza la quale la sacralità del testo, pentagramma dello strumento – attore, non può essere valorizzata.

Elvira
foto di Fabio Esposito

Toni Servillo intraprende il viaggio nella lettura di Jouvet del Don Giovanni di Molière prendendolo anche a pretesto per comunicare  l’idea di un arte del teatro che assomiglia al processo di rendersi nudi e disarmati di fronte al mistero dell’amore. Farsi vuoti, come canna di bambù, per accogliere la pienezza di un’arte che è un Sentimento: ritratto della vita, spogliata di ogni orpello formale.

Un attore, ammonisce Jouvet, deve guardarsi dalla contemplazione di se stesso mentre recita: deve farsi monaco zen, allievo artista di arti marziali, mantenersi saldo nella disciplina necessaria a diventare padrone di sé al punto di dimenticarsi di quel sé, e farsi canale. Al tempo stesso, va sempre preservata la capacità di incandescenza che supera la ribalta e porta con potenza davanti al pubblico, per smuoverne le viscere insieme all’anima, senza il filtro di una quarta parete.

L’allieva attrice ascolta il maestro regista, si ribella, assorbe le sue parole, cerca inconsapevolmente di sfuggire al suo compito, per poi capire, anzi sentire, che non può fare a meno di restare, mettere un passo avanti all’altro, in un processo ormai inevitabile.

Come il respiro.

Elvira
foto di Fabio Esposito

***

Elvira (Elvire Jouvet 40)

di Brigitte Jacques © Gallimard
da Molière e la commedia classica di Louis Jouvet

traduzione Giuseppe Montesano

regia di Toni Servillo

costumi Ortensia De Francesco
luci Pasquale Mari
suono Daghi Rondanini
aiuto regia Costanza Boccardi
con Toni Servillo, Petra Valentini, Francesco Marino, Davide Cirri
coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatri Uniti

Piccolo Teatro Grassi – via Rovello 2 – Milano

11 ottobre al 18 dicembre 2016

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *