“Ciò che è un mistero non è come il mondo sia, ma il fatto che esso sia”
  (Ludwig Wittgenstein, Tractatus Logicus-Philosophicus)


I luoghi abbandonati sprigionano un fascino dal profumo sensuale, come quello di uomini e donne inconsapevoli del loro carisma.

Mi ritrovo, in questi luoghi di passaggio da uno stato dell’animo a quello ri-creato dal transito fra le macerie di qualcosa che è rovinosamente e inevitabilmente crollato, per poter rinascere a nuova vita.

Succede ogni volta che qualcosa ha raggiunto l’apice della sua maturazione, nell’apparente bene e nell’apparente male. Quando si è ormai troppo ingrassati o dimagriti per poter indossare ancora quell’abito logoro.

Allora, inizia la discesa.

Così, pedalando verso il mare, abbiamo incontrato il dono di questo spazio tutto per noi. Uno spazio dove aggirarci colme di meraviglia da modellare creativamente attraverso immagini e pensieri.
Probabilmente un vecchio hotel sul mare, in disuso da parecchi anni.
Sotto lunghe colonne bianche, su un pavimento di mattonelle tagliate in modo irregolare passeggiavano gli ospiti contemplando il mare, qualcuno emozionato per la compagnia di un amore appassionato, qualcun altro perso in pensieri malinconici per mancanze urticanti. Qualcun altro ancora forse semplicemente appoggiato alla balaustra, godendo dell’energia di quell’unico momento nel quale era immerso come in acqua marina.
E ancora,sempre, la Natura.
La Natura che sfonda ogni barriera, facendo udire ai sensi interiori e risalendo a fior di pelle, l’urgenza incessante della vita che non muore mai, ma si trasforma in continuazione.

Noi, che siamo affiorati a questa vita come Esseri Umani, siamo Natura.
Sono poche le parole che possono spiegarlo con profondità, ne basta una: 
Siamo.


(foto seguenti di Francesca Micciulli)

Arte e Natura sono il materiale sonoro che riecheggia nel ventre dell’Anima in Viaggio.
L’offerta di uno specchio per il processo di incessante rigenerazione degli esseri viventi.
Allora, mentre i passi accarezzano il pavimento incrinato di un luogo in abbandono, l’eco di una canzone con radici senza tempo inizia a volteggiare dentro le mie profondità, intessendo immagini, parole, suoni, colori.
Profumo.
***
Mitologia dell’Abbandono

Didone 


Didone è una Regina. Di un regno fisico e del suo regno interiore.
(Didone, Carlo Cornara)

Ma è disposta ad abbandonare Cartagine, pur di scongiurare il perpetuo dolore dell’abbandono più spaventoso, quello dell’amore di un altro essere umano.

(A. Viviani, Didone, dall’Atto III – Scena Ultima da Didone Abbandonata di P. Metastasio)


Didone percepisce se stessa come un regno in rovina, devastato dagli attacchi mortali di armi implacabili come quelle di un cuore tiepido.
E’ una regina nell’intensità del sentire e del donare, ma non riesce a proteggere se stessa dalla violenza del dolore. Le sue macerie non si trasformano in linfa nuova, il suo viaggiare è stanco.
C’è qualcuno che ha eretto insieme a lei la base delle mura di un regno nuovo, condiviso da due regnanti, ma l’ha poi abbandonato, lasciandolo incompleto.
Enea non annuncia la sua partenza, Didone la subisce come il tradimento di una lama nel petto.

[…] Ormai sei deciso, Enea, ad andartene e ad abbandonare l’infelice Didone. I medesimi venti porteranno lontano le tue vele e le tue promesse. Sei deciso, Enea, a sciogliere le navi e i tuoi patti e a raggiungere i regni d’Italia, che non sai dove siano. Non ti interessano né Cartagine fondata di recente, né le mura che stanno crescendo, né il potere supremo affidato al tuo scettro. Fuggi ciò che è fatto e desideri ciò che è da farsi. Senti di dover cercare un’altra terra nel mondo, dopo averne già cercata una. Anche se la trovi questa terra, chi te ne darà possesso, chi consegnerà a degli sconosciuti i propri terreni da occupare? Un altro amore… un’altra Didone e altre promesse dovrai fare, per poter tradire di nuovo. Quando avverrà che tu fondi una città simile a Cartagine e che tu possa guardare il tuo popolo dall’alto della rocca? Anche se tutto ciò si avverasse e gli dèi non ritardassero il tuo desiderio, dove troverai una moglie che ti ami così? Brucio come le fiaccole di cera impregnate di zolfo, come l’incenso delle devozioni versato sui roghi fumanti. Enea resta sempre impresso nei miei occhi insonni, Enea ho nella mente, notte e giorno. Ma lui è ingrato e sordo alle mie offerte generose e, se non fossi insensata, vorrei fare a meno di lui. Tuttavia non odio Enea, benché mediti il mio male, ma lamento la sua slealtà e, pur lamentandomi, lo amo di più. […]

(Ovidio, Eroidi, Lettera di Didone ad Enea)


Grido e brucia il mio cuore senza pace
da quando più non sono
se non cosa in rovina e abbandonata

(Giuseppe Ungaretti, Cori descrittivi di stati d’animo di Didone)

(Didone, dallo spettacolo S-Concerto di Donna, Teatro del Romito, Firenze, primavera 2012)
***
Didone mi ha commossa quando l’ho conosciuta al liceo. Uno struggimento senza apparente spiegazione, all’epoca. Continua a farlo.
                                                                      
https://www.youtube.com/watch?v=Taifh_BpaJY
https://www.youtube.com/watch?v=MqoANESQ4cQ





Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *