Il nuovo film documentario di Enrico Masi, regista del collettivo cinematografico Caucaso, viene presentata come una “parabola post-coloniale”, e insieme espressione contemporanea dell’antico mito di Europa.

Shelter - Farewell to Eden

Protagonista del film documentario Shelter – Farewell to Eden è un essere umano che approda in Europa dalle Filippine dopo un viaggio lungo anni, denso di attraversamenti di confini: geografici, politici, fisici, interiori. Pepsi è l’ultimo di una serie di nomi di fantasia che rispecchiano la sua identità in continua mutazione.

Pepsi è una transessuale il cui viaggio è iniziato dallo scandaglio dei propri paesaggi interiori, che ne hanno modificato il corpo fisico; Trans, dal latino “al di là, attraverso”: sono molteplici i transiti in Shelter – Farewell to Eden, che narra, insieme al transito di un’umanità alla ricerca, il corpo del paesaggio che le fa da specchio.

Allo stesso tempo, dalla visione del film nasce la riflessione sull’esistenza di una biografia collettiva, che rende possibile che un individuo, attraverso la propria storia personale, si faccia portavoce dell’esperienza di una parte di umanità.

La storia di Pepsi, il cui volto si cela allo sguardo dello spettatore, diventa emblema di altre innumerevoli storie di individui dal volto altrettanto ignoto, ma la cui presenza è estremamente reale: i protagonisti delle migrazioni contemporanee, gli accampati della giungla di Calais, i rifugiati politici in fuga dal fuoco delle guerre.

La voce fuori campo di Pepsi ne canta la Storia attraverso il suo quaderno di bordo, come un aedo contemporaneo che in un canto epico racconta il mondo e la sua umanità.

“La modernità liquida è la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza”, afferma Zygmunt Bauman: Pepsi, nata in un’isola musulmana delle Filippine, si muove fra le linee di paesaggi urbani e naturali le cui linee si mescolano e si confondono nei suoi racconti condivisi attraverso contatti virtuali con amici lontani, nonostante l’abitudine radicata nel tempo ad una continua precarietà del vivere e delle radici identitarie, Pepsi rivendica il diritto ad una dignità del vivere e all’espressione di se stessa nella sua essenza più profonda, il vello d’oro di cui ogni essere umano cosciente prima o poi si mette alla ricerca.

“Sapere dove è l’identità è una domanda senza risposta” : pare di leggere le parole di José Saramago in mezzo ai flutti che scorrono sullo schermo. I fotogrammi del mare, archetipo del grande Inizio che tutto racchiude, sono intermezzo fra le immagini che narrano i Non Luoghi vissuti dai naviganti del mondo moderno, metafore viventi del nostro tempo alla ricerca di una esistenza alla quale dare un nome.

Le immagini del film, realizzato con una commistione di formati, sono cucite con immagini di archivio, creando, attraverso un montaggio che ricorda quello delle attrazioni di Ejzenstejin, un’atmosfera straniante che suscita cortocircuiti emotivi, ancor prima che intellettuali.

La colonna sonora composta da Zende Music ha funzione diegetica, partecipando della stessa straniata disposizione d’animo nella quale si viene coinvolti dalla visione del film.

In una delle immagini conclusive del film Pepsi mostra per la prima volta i tratti sfumati del suo volto ripreso dallo schermo del cellulare, dichiarando di essere pronta a dare voce alle sue molteplici identità: alla libertà è dedicato il suo viaggio, la condivisione della sua narrazione, e quella degli altri viaggiatori dal volto in ombra e dall’identità liquida che sono co-protagonisti del film.

Shelter è il rifugio che protegge la scrittura dei suoi passi.

Shelter – Farewell to Eden è il terzo capitolo di una trilogia (dopo The Golden Temple del 2012, e Lepanto – Ultimo Cangaceiro del 2016) dedicata ai Grandi Eventi che mutano i lineamenti delle metropoli, dei loro abitanti, della società.

*

Crediti:

scritto e diretto da
Enrico Masi
prodotto da
Stefano Migliore
in collaborazione con
Rai Cinema
co prodotto da
Lamberto Mongiorgi e Lois Rocque
con
Pepsi, Catherine Wihtol De Wenden e Gabriel James Patiag

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *