Evento di massa, opera d’arte….o cosa altro?
Un’esperienza. Proprio in questo, del resto, consiste l’essenza dell’arte.



Se il critico d’arte Philippe Daverio, unendosi alle critiche non favorevoli di altri colleghi, l’ha definita una “baracconata”, simile a una sagra di paese, parlando anche di “avanguardia impiegatizia”, forse è la prospettiva dalla quale si guarda, che deve essere mutata: la baracconata si è forse creata, sì, ma non perché tale fosse The Floating Piers, quanto piuttosto lo strascico che l’evento ha creato intorno a sé.

Succede che le persone provino il forte desiderio di essere presenti – ne è esempio  l’ossessione contemporanea degli autoritratti (leggi selfie) laddove molti loro simili sono già stati, per esorcizzare la paura di essere invisibili, esclusi dalla partecipazione a ciò che accade nel mondo.

Altri, semplicemente, sono interessati a esplorare. Come me.

Scendere in profondità. Questo conta, sempre, partendo dagli spunti che l’esplorazione ci regala.


L’opera di Christo Vladimirov Yavachev si inserisce nel solco della Land Art, il movimento nato alla fine degli anni ’60 negli Stati Uniti, che interviene sugli spazi naturali, usandoli come elementi-ingredienti fondanti di un’opera che si contrappone in questo modo all’ “artificialità” urbana. Il paesaggio viene approcciato, abbracciato, modificato. L’opera artistica vive lo spazio di un’esperienza di con-tatto, attraverso una sorta di scultura su larga scala, o una performance, che prende vita nel e grazie al paesaggio, per un tempo limitato ed effimero. Per poi diventare polvere, come un corpo umano al termine del suo ciclo di vita naturale.

La prima tappa del viaggio  è Clusane, paesino di lago dal quale partono le navette per raggiungere l’opera.

 

 

In tarda mattinata il tempo atmosferico si fa capriccioso, e la prefettura blocca tutto. Vento e cielo nuvoloso mettono in forse l’accesso all’esperienza.
Questo sicuramente piace al suo autore, che probabilmente ha pensato alla sua creazione come a qualcosa che, pur rimanendo accessibile a chiunque lo desideri (nessun biglietto da pagare, niente transenne), non deve essere data per scontata né banalizzata e svalutata: il lungo pontile sull’acqua è lì, aperto e pronto ad accogliere tutti per 16 giorni. Ma si tratta, appunto, di un’esperienza diversa per ognuno, soggetta anche all’imprevedibilità di fattori esterni che possono intervenire nel giorno scelto per la visita. Non siamo in un museo, ma direttamente a contatto con un organismo vivente, il lago, e con lo spazio nel quale respira. Insieme al nostro, respiro.

Infine, grazie al “privilegio” degli accessi stampa, si parte via acqua, in traghetto, evitando così un’attesa stimata di tre ore, sotto il sole cocente.
Il traghetto è pieno, ma non troppo. Si riesce ancora a girarsi a destra e a sinistra, per ammirare il paesaggio lacustre dell’Iseo, affascinante ed evocativo del cugino marino.

Avvicinandosi a Montisola, si inizia a intravedere il molo galleggiante: una lunga striscia arancione che collega Montisola e l’isola di San Paolo. Le persone che camminano sopra la passerella appaiono da lontano come tante formichine accalcate le une sulle altre.

Ciò che stanca è la fila iniziale, che inizia una volta messo piede sulla terraferma per un tratto relativamente breve, ma avvertito più lungo anche a causa dell’afa.

 

 

 

Alla fine, si raggiunge la “meta”, ovvero l’inizio del camminamento sulla passerella: la “passeggiata” completa è lunga 4,5 km, e permette di approdare, se si resiste alla fatica del caldo, sull’isola di San Paolo.

C’è spazio per tutti: la passerella è ampia, e fa percepire la folla  meno numerosa di quella che effettivamente deve essere. Fa caldo, tanto.
C’è chi  segue il consiglio di Christo, e cammina a piedi nudi: altri evitano lo sporco accumulato dal passaggio di migliaia di passeggiatori precedenti tenendo le scarpe ai piedi.
Adulti, bambini, gruppi di amici, famiglie con bambini e famiglie con cani: ci sono tutti quelli che volevano esserci.

Anche una coppia di cigni, che grazie alla resilienza tipica degli animali, con elegante nonchalance provvedono alla loro toilette, sotto lo sguardo e gli affamati obiettivi fotografici delle persone presenti.

 

Qualcuno è in costume da bagno, e si comporta come se fosse su un spiaggia libera: bisogna ammetterlo, le sensazioni più belle si sperimentano avvicinandosi sempre più al livello dell’acqua che scorre sotto i piedi.
Il corpo si distende, e lo sguardo si intreccia con il cielo, di una sfumatura appena più tenue di quella dell’acqua, nella quale si riconosce la fratellanza fra i due elementi.

Sedersi per qualche minuto, e appoggiare una mano sul pavimento del pontile, permette di auscultare l’inspiro e l’espiro del grande polmone d’acqua.  Ed è questa, l’esperienza per la quale sono qui.

In questo, consiste la bellezza e l’importanza di una forma di creatività che, abbracciando la Natura, intreccia la mano dell’uomo con quella della Terra di cui è parte.

La sera del 3 Luglio The Floating Piers è stata smantellata, e non verrà mai più riproposta, né qui, né altrove nel mondo.
L’artista Christo, che aveva affermato “Gioia e Bellezza sono le basi delle mie opere”, risponde a chi gli chiede se sia davvero convinto che la sua opera non possa mai più rivivere: “Vivrà per sempre nei vostri cuori”.

Forse è proprio questa, una delle più preziose lezioni che ci viene offerta anche dalla naturale impermanenza della Natura: il non attaccamento, nella gioia di aver vissuto.

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