Eugenio Barba, maestro vivente fra gli ultimi del Teatro Occidentale, ha trascorso finora tutta la sua vita artistica, lunga 55 anni – e umana – con il gruppo dell’Odin Teatret. Finché, in seguito a un incontro fortuito con il danzatore Lorenzo Gleijeses e il musicista Mirto Baliani, in residenza nella sede dell’Odin Teatret in Danimarca, non accetta di partire per un viaggio inedito.

Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa (in scena al Teatro dell’Arte di Milano dal 24 al 27 gennaio 2019)  è una performance per un solo attore-danzatore e il suo mondo interiore, che con lui dialoga attraverso voci fuori campo, oggetti di scena simbolici, immagini di sogni sfocati e, ovviamente, attraverso la potenza comunicativa del corpo, il vero protagonista.

Il corpo è un soggetto in primo piano perché è l’elemento sul quale l’occhio di bue focalizza la sua attenzione e la riporta allo spettatore, che si trova catapultato in un labirinto con un tracciato senza soluzione di continuità. Geroglifici di movimento in eterno loop, un soliloquio che cerca a tratti inconsciamente lo spiraglio per attuare il passaggio in un dialogo con il mondo esterno, ma torna sempre a rifugiarsi in un eterno sé stesso cristallizzato nel proprio punto di vista.

Lo spettacolo, che vede la collaborazione con Eugenio Barba e Julia Varley per la regia e la drammaturgia, è un esempio di lavoro dell’attore su se stesso attraverso un training che unisce il corpo e la mente in un processo interiore di autodisciplina psichica attraverso le azioni fisiche.

L’accostamento con il protagonista de La Metamorfosi di Franz Kafka nasce da una suggestione avuta da Eugenio Barba in occasione della prima visione dei materiali scenici a cui stavano lavorando Lorenzo Gleijeses insieme al musicista Mirto Baliani. E non a caso. L’incredibile trasformazione-involuzione del Gregor Samsa kafkiano è in un perfetto parallelo con la visione portata avanti da Lorenzo Gleijeses nell’elaborazione del materiale coreografico che il danzatore offre alla visione di Eugenio Barba e Julia Varley: il rinchiudersi – inconsapevole o meno – nell’intimità di una stanza a distanza di sicurezza dall’esterno per sfuggire alla difficoltà dell’inter-azione, con la conseguente deriva del perdere di vista la propria umanità pulsante, che può rigenerarsi solo attraverso il contatto, il dialogo, il confronto: in una parola, l’Abbraccio.

Se per Barba lo spettacolo rappresenta il culmine di quella che è “la prova della nostra esistenza”, nella creazione attraverso la quale ogni artista offre il frutto del proprio percorso umano, l’ingrediente principale dovrebbe essere il distillato del mettere tutto se stesso che racchiude inevitabilmente molecole del mondo.

Una scena dello spettacolo – foto di Tommaso Le Pera

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Credits

con: Lorenzo Gleijeses 
drammaturgia e regia: Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley
suono e luci: Mirto Baliani
voci off: Eugenio Barba, Geppy Gleijeses, Maria Alberta Navello, Julia Varley
assistente alla regia: Manolo Muoio
consulenza drammaturgica: Chiara Lagani
spazio scenico: Roberto Crea
oggetti coreografici frutto di un incontro con Michele Di Stefano per il progetto 58° Parallelo Nord
videomaker: FRANA Videoprod
produzione: TPE Teatro Piemonte Europa, Nordisk Teaterlaboratorium, Gitiesse Artisti Riuniti
foto © Tommaso Le Pera

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